EMOZIONI E PERFORMANCE SPORTIVA

La pratica sportiva, agonistica o non, ci pone costantemente a contatto con le nostre EMOZIONI. La vittoria, la sconfitta, l’allenamento, lo scontro fisico, la competizione, sono importanti banchi di prova, occasioni che favoriscono la conoscenza di sé, il rafforzamento del carattere, la maturazione dell’individuo.
Le EMOZIONI sono sempre state un tema di forte rilevanza nella Psicologia dello Sport. L’abilità dell’atleta di stabilire o ripristinare condizioni emozionali ottimali prima e durante la competizione è uno dei fattori più importanti per il successo. Se per molto tempo l’accento è stato posto prevalentemente sulle problematiche dell’ansia, l’orientamento attuale della psicologia è di considerare i molteplici fattori mentali, sociali e biologici alla base delle emozioni ed in grado di influenzare la prestazione.
Le EMOZIONI sono infatti fenomeni complessi che coinvolgono l’esperienza soggettiva, nei suoi aspetti cognitivi ed affettivi, così come nella dimensione fisiologica e nelle risposte comportamentali. Sono considerate in genere fenomeni di natura relativamente transitoria, ma alcuni autori suggeriscono l’esistenza di un livello più stabile e globale che riflette le disposizioni emotive dell’individuo (intelligenza emotiva) e che può influenzare comportamenti, relazioni e benessere. In ambito sportivo, molta attenzione è posta oggi anche sui correlati psico-fisiologici degli stati emozionali: una migliore comprensione delle risposte emozionali sul piano globale psico-fisico può contribuire ad individuare strategie e modalità di autoregolazione.

Quali sono le principali emozioni dello sportivo?

  • La rabbia

Una delle emozioni ampiamente sperimentata dallo sportivo, soprattutto durante una competizione agonistica, è la rabbia. La rabbia può avere un effetto positivo, quando spinge ad esempio l’atleta a compiere un’azione immediata ed energica, come attaccare o sfidare. Essa tuttavia può avere anche un impatto negativo sulla performance, qualora vada ad intaccare le abilità fisiche dell’atleta.


La rabbia può essere inoltre espressione di frustrazione, ad esempio a seguito di un infortunio subito o per una serie di risultati negativi ottenuti nelle precedenti competizioni, o di rivalsa, nei confronti di un allenatore o di un compagno di squadra. Qualunque sia la causa, l’atleta arrabbiato si presenta alla gara quasi sempre con un atteggiamento poco produttivo.

  • L’ansia


L’ansia è uno stato psichico di un individuo, prevalentemente cosciente, caratterizzato da una sensazione di intensa preoccupazione o paura, relativa a uno stimolo ambientale specifico. E’ associato a una mancata risposta di adattamento da parte dell’organismo in una determinata situazione e si esprime sotto forma di stress per l’individuo stesso.


Si traduce a volte in ansia somatica (muscolarmente in tensione strutturale) e/o in ansia cognitiva (fissazione del pensiero e preoccupazioni). L’ansia di per sé non è patologica. Una certa dose di ansia è funzionale per attivare risposte muscolari e cognitive rendendo l’atleta reattivo, lucido e tonico. Se questa tensione supera un certo livello di soglia, o arousal, considerata normale, si trasforma in un crollo disastroso producendo somatizzazioni varie a livello fisico, ormonale e psichico, data la percezione di minaccia (reale o soggettivamente percepita), a cui il corpo è sottoposto. Durante lo stato di ansia, si attivano infatti una serie di alterazioni fisiche che contribuiscono ad un precoce esaurimento delle risorse fisiche e mentali dell’atleta.

  • La paura


La paura solitamente rappresenta un’emozione con la quale lo sportivo ha un rapporto particolare. Ammettere che si ha paura di affrontare una gara, un’esibizione, una competizione può essere intesa per l’atleta come un segno di debolezza; tuttavia la paura accompagna comunemente ogni situazione in cui la persona sente di doversi esibire o in cui c’è competizione.


Ogni atleta ha quindi solitamente sperimentato, nella sua pratica sportiva, le più svariate paure, come quella dell’insuccesso, di deludere le proprie aspettative o quelle degli altri, di subire un infortunio.

Considerando dunque che lo STATO EMOTIVO dell’atleta influenza la sua prestazione e il suo benessere psico-fisico globale, dobbiamo diventare “buoni amici” delle nostre emozioni, affinché ogni performance sia comunque un’esperienza interessante, da cui apprendere e a cui dare un significato positivo.


Ogni EMOZIONE, se non riconosciuta, elaborata e risolta è, infatti, un peso non da poco che, portato con sé in allenamento e in gara, appesantisce l’animo degli sportivi.


Le EMOZIONI derivano da PENSIERI che, quando negativi, turbano la mente dell’atleta generando facilmente ansia e deconcentrazione.


Purtroppo, ancora oggi, l’approccio più diffuso tra gli atleti nei confronti delle “emozioni negative spiacevoli”, troppo spesso si riassume nel semplice tentativo di far finta che esse non esistano.


“Ignora la paura, devi sentirti sicuro! Fai finta di niente!” viene detto all’atleta da allenatori, direttori sportivi, compagni di squadra e amici.


MA IL SEGRETO DEL SUCCESSO E’ NON EVITARE … PIUTTOSTO IMPARARE A CONOSCERE LE EMOZIONI PER POTERLE GESTIRE E RISOLVERE.


Ogni tentativo mentale dell’atleta di ignorare, o accantonare le emozioni negative, risulta vano in quanto l’emozione trova sempre e comunque il modo di esprimersi. Se non verbalizzata l’emozione emerge attraverso disturbi psicosomatici, cali prestativi, deconcentrazione, ansia.
Capita spesso sia a livello professionale che amatoriale che gli atleti, nel corso della preparazione alla stagione agonistica o in vista degli appuntamenti importanti, a un certo punto della loro vita sportiva, percepiscono un MALESSERE GENERALIZZATO ed emozioni spiacevoli senza tuttavia esserne in grado di comprendere l’origine.


Sentirsi in balia di “sensazioni” a cui non si riesce a dare un nome fa venir meno il senso di controllo personale generando un’altrettanta non ben definita INSICUREZZA e DECONCENTRAZIONE verso gli impegni quotidiani, anche extra sportivi.


E’ fondamentale ACCETTARE, ASCOLTARE, COMPRENDERE i nostri stati d’animo, solo in questo modo essi si potranno GESTIRE e RISOLVERE. RAGIONIAMO sulle nostre EMOZIONI, facendo attenzione ad eventuali “virus mentali” che ci possono portare ad interpretazioni errate della realtà.


La Vita è tutta una competizione, ma una competizione in primis con noi stessi, per migliorarci sempre,
apprendendo e rafforzando la capacità di tramutare ogni esperienza, per quanto poco piacevole che sia, in un’occasione per superare noi stessi, i nostri limiti, per diventare persone più consapevoli, più intelligenti emotivamente e più ricche interiormente.